PRECISAZIONE

Il blog raccoglie gli articoli che sono stati pubblicati in merito agli incidenti e presto cercheremo di raccolgiere quanto più materiale sia possibile per ricordare queste anime. Il blog NON GIUDICA IN ALCUN MODO CHI-COME e PERCHE'!

NON SCORDIAMOLI E SOPRATTUTTO DIAMO LORO UNA SECONDA VITA NEI NOSTRI RICORDI.

Con la speranza che siano, anche se già troppi, gli ultimi!!

lunedì 31 dicembre 2012

FRANCESCO VEZZANI 9 Mesi dopo

Morte senza un perché da nove mesi

I genitori del tecnico subacqueo deceduto mentre lavorava a 38 anni attendono ancora i risultati dell’autopsia

SAN MINIATO. Tutte le mattine si ferma davanti a quella foto in salotto e la fissa per qualche minuto. Solo così può realizzare, ogni giorno, che il suo “bimbo” non c’è più. Il tecnico subacqueo Francesco Vezzani morì sul lavoro il 23 febbraio scorso nelle acque di Castiglioncello mentre stava effettuando delle opere di manutenzione ad un ondametro per conto della società “40 South Energy”. Sua madre Giovanna Luciana non l’ha potuto piangere nemmeno al funerale: era in ospedale, dopo essere stata colpita il giorno prima da un’ischemia causata dal dolore e dalla disperazione. Per la famiglia di Francesco, che negli ultimi anni si era trasferito da San Miniato a Castelfiorentino per andare ad abitare con la moglie Elisa, la tragedia di Punta Righini si rinnova quotidianamente. Anche perché è ancora contornata da numerosi punti oscuri. Troppi gli interrogativi irrisolti. Ancora tante le risposte che i genitori di Francesco aspettano da quella maledetta mattina di febbraio.
Con gli occhi gonfi di lacrime, ci ripetono più volte che a distanza di nove mesi dal tragico incidente non sono ancora riusciti a sapere di cosa è morto il loro figlio, se si è accorto di morire e se ha sofferto. Un infarto? Un’embolia? Un altro tipo di malore? Un eccesso di azoto nel sangue? Un decesso da annegamento per qualche problema o guasto alle attrezzature? Le domande rimbalzano nelle teste di Giovanna Luciana e Amadeo, senza però trovare punti di riferimento.
«Sono trascorsi ben nove mesi da quel giorno – ci spiegano i genitori di Francesco Vezzani – ma ancora non siamo riusciti a sapere alcunché rispetto ai risultati dell’autopsia che il magistrato ordinò sul corpo di nostro figlio. Il nostro avvocato, Sergio Martelli di San Romano, ha richiesto più volte se ci fossero novità alla procura di Livorno, ma è tutto fermo. Ma perché? Non riusciamo a comprendere i motivi. È tutto molto inspiegabile. Significa anche non aver rispetto del dolore di due poveri genitori che un giorno, all’improvviso, non hanno più visto il loro figlio tornare dal lavoro. Vogliamo sapere perché Francesco è morto. Pretendiamo di conoscere le cause del decesso, attraverso le quali sarà poi possibile ricostruire meglio la dinamica dell’incidente».
Il padre di Francesco è stato personalmente in procura a Livorno pochi giorni fa, ma gli hanno detto che non avevano documenti in più. «Me lo ricordo benissimo – racconta Amadeo –: subito dopo l’autopsia ci fu detto che per la perizia sulle attrezzature dovevano passare circa 60 giorni, mentre per i risultati dell’esame sul corpo bastava una ventina di giorni. Era il 30 aprile quando, in occasione di una mia visita in procura, mi fu detto che una prima perizia sulle attrezzature era stata redatta e che l’avrei potuta acquisire insieme a quella sull’autopsia. Ma di questa non si sa ancora nulla. Penso di essere nel pieno diritto di sapere per quale motivo mio figlio di 38 anni è morto improvvisamente e, soprattutto, se poteva essere salvato o soccorso in modo più efficace».
Mamma Giovanna Luciana si lascia andare a qualche sfogo, pienamente comprensibile. «In tutta questa storia – dice – ci sono tante cose che non quadrano. In quel periodo, Francesco lavorava troppo, erano in pochi a fare quelle operazioni e praticamente s’immergeva tutti i giorni, quando per legge avrebbe dovuto avere a disposizioni dei giorni di “fermo” per ripulirsi dall’azoto nel sangue. Inoltre, a fare quel tipo di lavoro erano solamente in due (nonostante le normative prevedano una terza persona). Infine – aggiunge – un giorno vorrò parlare perbene e in modo approfondito con il collega di Francesco, quello che poi ha tentato di soccorrerlo per primo. Voglio sapere da lui come sono andate esattamente le cose. Da quanto mi hanno raccontato dopo l’incidente, sembra che sia stato perso tempo prezioso, perché dopo aver sentito per radio mio figlio ansimare, la comunicazione si interruppe. A quel punto, però, colui che era in superficie, anziché tuffarsi immediatamente, si preoccupò di cambiare la batteria alla radio e di riprovare a mettersi in contatto. Ma Francesco erà già in fondo, morto».

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